“Andiamo sino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere…”
E’ l’incoraggiamento che reciprocamente si fanno i pastori dopo l’inaudito annuncio che li ha colti vigilanti nella notte. E oggi è pure il nostro fraterno incoraggiamento: “ Sì, andiamo sino a Betlemme, come i pastori!”.
E’ infatti decisivo, anche per noi, non resistere all’invito celeste che ci giunge non più attraverso voci angeliche, ma con l’annuncio fedele della Chiesa.
Questo nostro tempo secolarizzato, pretende però di cancellare dalle coscienze il legame con il divino; vorrebbe convincerci che non vale la pena andare, che son cose superate, ma non sa proporci altro che sue contraddizioni e le sue macerie, dappertutto disseminate.
Noi sappiamo bene invece che proprio questa relazione spirituale è la radice della nostra vita; quella che tutto sostiene, quella che già ha saputo riempire di senso l’esistenza dei nostri padri; che, fortunatamente, ha ispirato la nostra giovinezza e che vorremmo, con responsabilità, consegnare anche ai nostri figli.
L’obbedienza a Dio amore è infatti libertà e vita: ieri, oggi e domani. Non un Dio astrattamente inteso però, quello costruito dalla fantasia distorta dei suoi detrattori o dal retaggio di un paganesimo duro a morire, ma l’unico, vero e ben diverso Dio; quello che il vangelo conosce e ci consegna; quello che il Natale ci mostra in tutta la sua luminosa trasparenza.
A Betlemme ci imbattiamo in un Dio che ha le fattezze di un bambino, che è un bambino, non falsamente onnipotente, ma fragile, come un bambino, appunto.
E noi procedendo insieme non verso un trono di potere, ma verso la mangiatoia disadorna in cui è posto, ci accorgiamo di non sbagliare strada e di non fallire la meta.
Mettiamoci dunque in cammino, senza indugio! Anche il Natale di quest’anno, celebrato ed accolto, ci farà trovare proprio in Gesù il bandolo della nostra esistenza che è sì fortemente provata, ma non abbandonata e ci farà gustare la dignità filiale del vivere, la solidità dell’essenziale, il sapore buono delle cose, la fonte della pace, la gioia della solidarietà verso tutti, l’impegno per la costruzione di un mondo migliore, il gusto della libertà.
E allora dal nostro animo, finalmente non più indurito dalla chiusura in noi stessi, nascerà nuova la speranza, quella che tutto e tutti tiene in vita…
“ I pastori poi se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto!”