Si narra che il giovane Luigi Gonzaga, tutto intento in una partita di bigliardo, abbia risposto candidamente: “Continuerei a giocare!”, ad un tale che, avvicinatosi per metterlo alla prova (essendo ben nota la fama della sua santità), gli aveva chiesto che cosa avrebbe fatto se avesse saputo di dover morire da lì a poco.
M’impressiona verificare come puntualmente una delle reazioni e delle preoccupazioni ricorrenti di fronte allo stillicidio di attentati che imperversa, in modo brutale ed indiscriminato, sull’Occidente e, in particolare, sull’Europa sia il ribadire che dobbiamo rimanere comunque uguali, che non si deve minimamente cambiare…
Mi chiedo: siamo diventati tutti San Luigi? Magari! Certamente non può essere la condizione dello stare sotto scacco del ricatto vile, e violento di pazzi fanatici a dettare i nostri tempi e a condizionare il nostro stile di vita, ma non è comunque possibile che l’unica parola d’ordine sia sempre quella del non mutamento.
Viviamo forse noi nel migliore dei mondi possibili? Cos’è tutto questo? Un segno giustificato di autocompiacimento o non piuttosto la denuncia di una nostra rassegnata e inerziale paralisi?
Si dice a proposito dell’antica, gloriosa civiltà romana che nel momento del suo inesorabile declino inconsapevolmente e moriva e rideva (panem et circenses); e che quanto più moriva tanto più rideva! C’è forse una qualche terribile analogia?
Di norma si dovrebbe perseverare in ciò che è legittimo e giusto (piaccia o non piaccia ad altri!) e cambiare invece davanti a qualcosa che, alla prova dei fatti, risulta ambiguo o sbagliato.
Com’è onesta, com’è costruttiva e bella la prospettiva cristiana che fa piuttosto di ogni giorno e di ogni circostanza (bella o brutta che sia) l’occasione per verificarsi sul serio e certamente il motivo per ancora migliorare!
Don Paolo
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