Benedetto il grembo di Maria, Signore Gesù, che ti ha reso carne della
nostra carne, affamato di latte e di coccole come tutti noi.
Benedetta la tua nascita semplice, che ci fa benedire il nostro nudo
essere al mondo, sorpresa nuova ogni mattina e – alla sera – mistero mai
sazio di risposte.
Benedetta la tua debole carne di bimbo, che ci fa abitare le nostre
fragilità con più tenerezza di quanto siamo capaci.
Benedetto Giuseppe che ti ha custodito dall’odio e dalla persecuzione e
benedette in lui le tante persone che si fanno abbraccio e scudo per chi
– inerme – è alle prese con pregiudizi e rigetto.
Benedetti gli anni di vita a Nazareth, il tuo crescere e lavorare, gli affetti
di famiglia e i tuoi amici, che ci fanno immaginare il gusto di Dio per le
cose della terra.
Benedetta la tua curiosità per campi e seminagione, pascoli e pesca, i
tuoi occhi su case e stagioni, fiori dei campi e uccelli del cielo, che ci
indirizzano alle dita del Creatore sempre all’opera.
Benedetto il tuo innamorarti della nostra vita, fatta tua per sempre; il tuo
chiamarci per nome e dedicarci tempo, parole, gesti, compagnia, il tuo
sederti a tavola con noi contento di starci, come nessun altro.
Benedette le tue mani contagiate delle nostre malattie, sporche della
polvere dei nostri piedi, lavàti e asciugati da te chinato a terra, e noi a
guardarti stupiti.
Benedette le tue lacrime per la morte degli amici e l’ottusità dei cuori, la
tua commozione piena di affetto e il tuo singhiozzare, il tuo provare
angoscia, che non ci fa sentire soli quando tocca a noi.
Benedetto il tuo rivolgerti all’Altissimo chiamandolo “papà”, le tue notti a
tu per tu con Lui, il tuo scoprirti e saperti Figlio, unico come nessun altro
e – proprio per questo – fratello di tutti noi.
Benedetto il tuo dolore, fatto di sangue e sudore come il nostro,
benedetto il tuo morire in croce così pieno di Vita e il tuo portare nel
fetore del sepolcro il sussurro vivificante del perdono.
Benedetta, Signore Gesù, la tua divina umanità, tessuta – a un tempo –
nel grembo di una madre e nell’eternità; in questa notte un vagito di
bimbo è stato udito a Betlemme nell’alloggio dei pellegrini e – insieme –
in cielo, nell’eternità di Dio.
(omelia di Natale dell’amico don Marco Uriati)
AUGURIO DI NATALE
Se il Verbo, Parola eterna del Padre,
ha dovuto imparare a parlare
per dire “mamma”, “papà”, “amici”, “fratelli”,
allora noi dovremo vedere la sua gloria
in ogni parola nuova capace di
chiamare, consolare e illuminare i figli degli uomini.
Se colui che ha fatto il cielo e la terra,
ha dovuto imparare a lavorare nella bottega del carpentiere
per guadagnarsi il pane e dare forma di utile bellezza alle cose,
allora noi dovremo vedere la sua gloria nella fatica quotidiana
che rende più abitabile la nostra casa comune.
Se Gesù, che è la vita del mondo,
ha dovuto imparare il soffrire; ha pianto per gli amici
e conosciuto la morte,
allora noi dovremo vedere la sua gloria
nella compassione che riempie il cuore dell’uomo.
Se il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre,
ha percorso, pellegrino tra gli altri, la strada per Gerusalemme,
ha cantato le antiche preghiere ed esultato alle porte della città santa,
allora noi dovremo vedere la sua gloria
condividendo fede e preghiera con i fratelli
e portando nel cuore ogni figlio d’uomo.
Sì, la terra è piena della gloria divina,
dal momento che il Figlio di Dio ha imparato ad essere figlio dell’uomo,
perché noi viviamo da figli di Dio.
Auguri!
Santo Natale e Felicissimo Anno Nuovo a tutti!!!