IL SEGNO DI GIONA
INTRODUZIONE
Più volte, nei Vangeli, a riprova di un’indubbia popolarità, Gesù nomina il profeta Giona (Mt.12,39-41; Mc.16,4; Lc.11,29-32) e, di conseguenza, indirettamente, il breve libro dell’A.T. che a lui si riferisce e che di Lui porta il nome (4 capitoli, di cui uno, il secondo, per gran parte – la preghiera di Giona – aggiunto in redazione successiva).
Fra gli altri, sembra il più significativo il passo di Luca (11, 29-32): ”Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona. Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione… Quelli di Ninive sorgeranno nel giudizio insieme con questa generazione e la condanneranno; perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, ben più di Giona c’è qui”.
Il tono e la forma di queste parole sono senz’altro di minaccia, ma il contenuto, a ben vedere, è quanto mai promettente, se non decisamente entusiasmante: l’annuncio che anche noi abbiamo a disposizione il “segno di Giona”.
Di che si tratta? Con questa espressione (il segno di Giona, appunto), Gesù identifica se stesso; la sua persona, la sua missione; insomma la sua Pasqua (a riprova Matteo sottolineerà che sono tre i giorni passati da Giona nel ventre del pesce: un simbolismo decisamente pasquale).
Saper cogliere e valorizzare, con umile sapienza e pronta obbedienza, come hanno fatto i Niniviti, il segno di Giona è dunque, per noi, un’opportunità determinante; è partecipare della medesima, insuperabile decisività del mistero di salvezza in Cristo; è essere salvati… Ma pur essendo noi molto più fortunati dei Niniviti, il compito non è esente da difficoltà. In quanto segno infatti, anche quello di Giona è qualcosa di “aperto”, portatore cioè di uno scarto inevitabile, di un’irriducibile distanza… (“Ben più di Giona c’è qui…!”).
Per di più, Gesù paragonandosi a Giona si identifica con un modello assai deficitario; per gran parte “sub contrario”, all’opposto… Eppure Gesù stesso, apposta, per provocare i suoi, lo ha voluto scegliere per sé, proprio perché Lui, per noi, non ha disdegnato di farsi addirittura un Dio “sub contrario”, del tutto spiazzante; basti pensare che si è fatto “carne”.
L’augurio sincero è quello di saper superare ogni istintiva resistenza per valorizzare, docili, quel singolare esempio di Parola ispirata che è il piccolo, prezioso libro di Giona e poter così “cogliere nel segno!”.
LA FUGA DA DIO
«Fu rivolta a Giona figlio di Amittai questa parola del Signore: ”Alzati, và a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malizia è salita sino a me”. Giona però si mise in cammino per fuggire a Tarsis, lontano dal Signore. Scese a Giaffa, dove trovò una nave diretta a Tarsis. Pagato il prezzo del trasporto, s’imbarcò con loro per Tarsis, lontano dal Signore”»
(Giona 1,1-3)
In termini simili, un tempo, era stato raccontato addirittura l’inizio della storia del popolo eletto, con la chiamata di Abramo da parte di Dio: “Alzati e va!”. E così, con queste parole, inizia pure il Libro di Giona. L’esordio è di quelli classici; specialmente nel caso dei libri profetici (cfr. Ger. 2,1ss.; Os. 1,1ss.; …); e corrisponde ad una vera e propria vocazione, una chiamata alla missione da parte di Dio, rivolta, anche qui, ad una persona ben precisa (vedi la sottolineatura del nome seguito dalla paternità).
Pure ciò che segue sembra andare nella direzione consueta: ”Giona si mise in cammino”… Sembra, ma non è, Giona infatti si mette sì in cammino, ma non per aderire alla vocazione, al contrario, per disobbedire, per sottrarvisi, “per fuggire”. Il suo non è perciò un andare ‘verso’, ma un andare ‘contro’ e ‘lontano’…”Lontano dal Signore” (letteralmente ”via dal suo volto”), come volutamente si sottolinea più volte nel testo.
Un’opposizione totale, prima di tutto interiore (come avremo modo di vedere), che si concretizza però anche plasticamente, in modo esteriore, fisico, geografico: Giona che va a Tarsis, e Tarsis è da una parte e Ninive dall’altra, agli antipodi. Ninive, all’estremo oriente, sulle sponde del Tigri, capitale del grande ed irriducibile impero nemico, l’Assiria; Tarsis invece, ad occidente, città costiera del Mediterraneo; (presumibilmente in Spagna) l’equivalente, per gli Ebrei, dei confini estremi del mondo.
E’ indubbio: Giona vuole andare il più lontano possibile; che più lontano non si può. Di per sé, è una costante, nella Bibbia, vedere che i chiamati manifestano, inizialmente, moti di perplessità; avanzano obiezioni e persino resistenze, ma qui è diverso; qui c’è uno che, pur chiamato, non ne vuole proprio sapere, che resiste di brutto… Un credente e, per di più, profeta che paradossalmente si pone in fuga da Dio.
Tutto ciò è talmente interessante che merita una riflessione. Una sosta per focalizzare dunque la “figura” particolare della fuga da Dio. Non importa sapere qui i motivi (paura, pigrizia, ribellione ?…) della fuga del profeta, possiamo solo anticipare che non mancheranno sorprese, ma, per ora fermiamoci a considerare la situazione in sé, nel suo significato e nel suo interesse simbolico, archetipico; appunto al di là del nostro testo, al di là di Giona.
Già, il voler sottrarsi a… , il voler fuggire o nascondersi da… Dio.
Di che cosa si tratta?
Va detto innanzitutto che siamo davanti ad un comportamento primordiale e, in questo senso, universale; tanto che il protagonista inaugurale ne è stato addirittura Adamo (l’uomo) nel Paradiso Terrestre:” Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse:”Dove sei?”. Rispose:”Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”(Gen. 3,9s). Va subito aggiunto che si tratta, in ogni caso, di un comportamento patetico, velleitario, dall’esito impossibile; destinato a fallire in partenza; dalla consistenza di una foglia di fico.
Un intero, stupendo salmo della Bibbia è dedicato proprio al tema dell’impossibile fuga da Dio, il salmo 139 (138):”Signore, tu mi scruti e mi conosci… Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? …”(riprendiamolo per intero). La vicenda delle origini ci ricorda inoltre che la causa del malessere che spinge a sottrarsi allo sguardo di Dio è sempre cattiva, peccaminosa (l’aver mangiato dell’albero…).
Sintomatico, subito dopo, è il caso di Caino che si sente dire da Dio: “Caino, perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto! (…Perché sei chiuso in te stesso?) Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta” (Gen 4,6s).
La fuga da Dio, più in generale, si configura come una sorta di pretesa velleitaria, che si concretizza attraverso il sottrarsi da tutto ciò che ci ha definito in precedenza: la nostra storia, responsabilità e verità. E’ il sogno ebbro di un’esistenza completamente svincolata, in cui ogni istinto diventi possibile e lecito… E’ il vortice abissale di un’evasione che precipita ogni cosa nell’assurdo, perché ciascuno, alla fin fine, è ineluttabile a se stesso.
Il Dio poi da cui si pretende di fuggire, per tanti motivi, non è stato mai oppure ha smesso di essere, e certamente non è, per noi, l’Abbà evangelico, ma si è trasformato in una sua terribile storpiatura: un occhio scrutatore, un indice puntato; insomma, il Moloch invidioso di un atavico retaggio pagano, troppo duro a morire. Per questo anche ciò che il rapporto con Lui prospetta smette di essere considerato un bene, il bene per me, e si trasforma in una gabbia opprimente, in una prigione da cui evadere…
Considera: “Fu rivolta a… me… questa parola del Signore”. Giona infatti sono io. E allora: qual’ è la mia fuga? Dov’ è la mia Tarsis? Perché la mia fuga? Perché la mia Tarsis? Ma prima di tutto: Chi è il mio Dio?… Ri-accogliamo; ri-conciliamoci; ri-prendiamoci!
PER PREGARE:
Ci hai ricordato, Signore, la chiamata che ci hai rivolto,
le tante chiamate che hai disseminato nella nostra vita.
Ci hai chiamato alla missione con tutto quanto essa comporta
di movimento, distacco, apertura.7878 v
Non permettere, Signore, che il tempo della missione sia finito.
Non permettere che lo Spirito della missione
non abiti più la nostra vita, la nostra comunità.
Aiutaci ad avere lo sguardo fisso verso dove tu ci chiami
e ad avere il cuore pronto a seguirti ovunque e comunque. Amen
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