1° MEDITAZIONE STAZIONI QUARESIMALI 2017
INTERCESSORI: nella preghiera e sempre
“Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere… questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore” (1 Timoteo 2,1-3). “…Io mi ricordo sempre di te nelle mie preghiere, notte e giorno” (2 Timoteo 1,3). “Non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa Egli davvero illuminare gli occhi del vostro cuore…” (Efesini 1,16-17). “Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia… perché vi porto nel cuore” (Fil 1,4.7).
San Paolo, il cui animo e la cui mente traboccano di volti; quelli della gente incontrata per innumerevoli località; nelle sue lettere, fa continui cenni al dovere (piacere) di ricordare (etimologicamente: portare nel cuore) gli altri sempre, a cominciare proprio dall’esercizio della preghiera. Ma, prima ancora, è stato Gesù, insegnandoci a pregare, meglio, confidandoci la sua stessa preghiera, ad invitarci ad intercedere, e di continuo, a favore degli altri, per il loro bene e con estrema fiducia nella misericordia del Padre. La sua preghiera era davvero colma di persone; conteneva tutti:”Padre, io ti prego non solo per questi, ma anche per quelli che sulla loro parola crederanno” (Gv 17,20). Eravamo compresi anche noi nella sua preghiera!
Di per sé, la parola intercessione sa d’antico, apparentemente rimanda a spiritualità del passato; roba da monaci forse, da specialisti, non da tutti dunque; non per noi. E invece non c’è nulla di più sbagliato. La pratica dell’intercessione risulta quanto mai attuale ed adatta ai nostri tempi come parte integrante e qualificata della missione del cristiano nel mondo. Fossero pure precluse tutte le forme di annuncio o di testimonianza, nessuno comunque potrà mai impedirci d’intercedere. Quasi certamente, tutti noi, anche senza saperlo magari, ne abbiamo fatto esperienza; basti pensare a quando, proprio per il fatto di essere credenti o perlomeno mediamente sensibili ed attenti, siamo stati richiesti di una preghiera o di un ricordo speciale da parte di qualcuno che si trovava in difficoltà.
Se si considera il verbo intercedere (dal latino “inter – cedere”), emerge innanzitutto un interessantissimo significato etimologico: “mettersi in mezzo“, “fare un passo tra“, “interporsi” fra due parti e, naturamente, con una compromissione di natura empatica e favorevole.
Intercedere è uscire da un’autoreferenzialità totalizzante e tristemente implosiva per prestare attenzione, in modo maturo, dedito e responsabile agli altri; per prendersi cura di loro; vegliare, stare desti, rimanere all’erta e sulla breccia per loro. Ancora: è badare amorevolmente a qualcuno, essergli attenti, farsene carico… Così veglia la sposa che attende lo sposo; la madre preoccupata per il figlio lontano; la sentinella che, a difesa dei suoi, continua a scrutare nel buio; il monaco che, con il mondo a carico, prega nella notte, gli uomini e le donne maturi e responsabili che intercettano i pericoli, le sofferenze, le preoccupazioni dei fratelli e delle sorelle in umanità.
Se preghiera è: stare, con frutto, alla presenza di Dio; dal momento che il nostro Dio è uno che ha a cuore tutti e addirittura s’identifica con gli ultimi, ecco che il vero pregare deve andare di pari passo con l’esecizio dell’intercedere, facendo della preghiera stessa uno stare alla presenza di Dio a favore di qualcun’altro o, altrimenti detto, portare, nella preghiera, gli altri a Dio . Che è poi la forma più alta di culto.
Chi ha una qualche dimestichezza con la Sacra Scrittura sa che essa è attraversata da grandi figure d’intercessori e da molteplici forme d’intercessione.
Abramo fa senz’altro parte di questa lista virtuosa. Di lui si ricorda, in particolare, la caparbia mediazione a favore della città corrotta di Sodoma. Abramo, anche in questo esercizio, si dimostra padre di una numerosa posterità…
Mosè poi figura come l’intercessore per eccellenza; lui che non pensa mai solo a sé stesso, ma sempre antepone gli altri; quel popolo di dura cervice continuamente caricato sulle spalle, anche a costo di dover sfidare l’ira divina.
Le forme d’intercessione sono costanti in tutto l’A.T., specialmente presso profeti come Ezechiele, Samuele o Geremia che addirittura arriva ad intercedere per i suoi nemici, proprio mentre questi cercano di ucciderlo. (18,18-20)
I Salmi infine danno voce molto spesso ai poveri di Jahvé, agli oppressi che invocano salvezza.
L’intercessione è indubbiamente un attendibile filo rosso che attraversa l’intera Storia della Salvezza e che viene raccolto, in modo mirabile, dal Cristo. Egli, dopo aver dimostrato di averne compreso tutta la potenza, cedendo a Cana alla richiesta di Maria; ne risulterà sempre sensibile assecondando, ad esempio, le tanto insistite quanto umili suppliche della madre siro-fenicia a favore della figlia o del centurione per il servo ammalato (le cui parole sono così belle da diventare le nostre stesse al momento della comunione eucaristica: “Signore, non sono degno… ma di’ soltanto una parola…”), sino a diventarne lui stesso insuperabile interprete e protagonista, specialmente al momento della passione, dall’alto della croce, allorquando, con l’intercessione delle intercessioni, invocherà: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!”.
Il Signore aveva inaugurato la sua vita e missione pubblica proprio con una profezia di croce e con un’implicita intercessione, con il digiuno di quaranta giorni e di quaranta notti nel deserto, per dire no a sé stesso, ma per dire sì alla nostra salvezza. Questa prassi certo inimitabile, pari, com’è, all’unicità di Gesù, ci dice, fra l’altro, quanto il purtroppo desueto digiuno religioso (non dietetico, non salutista!) o comunque qualche concreta pratica di penitenza o di voto sia insospettabilmente efficace, nel dare forza; nel dare corpo alla preghiera, al fine di impetrare ancor più credibilmente il bene e la salvezza altrui. Intercedere è infatti lasciarsi coinvolgere realmente nell’azione salvifica del Cristo e, in particolare, nella sua passione, offrendo, per questo, sacrifici, tempo, beni…
«Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? […] né morte né vita, né angeli né principati […] né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore»
(Rm 8,33-35.38.39).
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