Carissimi, questo tempo di forzato isolamento si protrae in modo imprevisto ed imprevedibile tenendoci tutti in apprensione.
Condivido con voi, con ciascuno di voi, specialmente i più soli e sofferenti, questo momento, che per tanta parte, mi vede forzatamente impossibilitato ad esercitate il mio povero e fraterno servizio.
Nell’attesa di poterci di nuovo rivedere ed abbracciare, sappiate che vi porto nel cuore e che siete nella mia preghiera, come dice il bel testo letterario che segue a cui cerco di ispirarmi.
Don Paolo con Marco
UNA MESSA (MAI DA SOLI)… SUL MONDO
Per una liturgia d’intercessione in tempo di Coronavirus
Scarica il documento UNA-MESSA-MAI-DA-SOLI-SUL-MONDO.pdf (144 download)
Signore, come un giorno nelle foreste dell’Aisne, ancor oggi, tra le steppe dell’Asia, mi ritrovo senza pane, né vino, né altare, … né fratelli. Mi eleverò perciò al di sopra dei simboli per raggiungere la maestà pura del reale, e da lì, io, tuo sacerdote, celebrerò una singolare eucarestia offrendoti, sull’immenso altare della Terra, l’opera e la pena dell’intero universo…
Con un fremito il sole ha da poco ripreso ad illuminare la frangia estrema dell’oriente svegliando, una volta ancora, la Terra che così ha ricominciato il suo travaglio. E allora, o Dio, io porrò sulla mia patena proprio le primizie di questo nuovo giorno e verserò nel calice il succo di quei tanti frutti che la vita mette a disposizione. Sì, il mio calice e la mia patena conterranno l’offerta di tutte quelle terrene energie che ancora, contro ogni smentita, anelano a convergere nella sintesi suprema dello Spirito.
E così innanzitutto, ad uno ad uno, passo amorevolmente in rassegna quanti mi hai posto accanto come aiuti preziosi o che ritrovo vicini per affinità di cuore o, ancora, che mi hai affidato per le fraterne responsabilità pastorali.
E poi, alla rinfusa, ma senza eccezione, voglio comunque considerare l’innumerevole folla dei viventi: quanti, pur sconosciuti, mi affiancano in umanità e, per questo, in qualche modo, ma realmente, mi arricchiscono; e poi quelli che si affacciano solo ora alla vita (ce ne sono ancora, per fortuna) e i tantissimi che se ne vanno; quelli che, alla luce della verità oppure invischiati ancora nei loro pasticci, ricercano comunque qualcosa e, per questo, anche oggi, dai loro più disparati luoghi, ripartono per un ulteriore cammino. Oceano umano, moltitudine agitata ed indistinta, la cui complessità confonde, ma a cui oggi comunque sento di dover dare ancor più fraterna voce… Insomma, tutto ciò che oggi nel mondo crescerà, ma anche tutto ciò che diminuirà, tutto ciò che soffrirà e morirà, – ecco, o Signore, questo è il contenuto dell’offerta che a Te presento. Questa è la materia del sacrificio; quell’unico sacrificio che tu gradisci; (…) quell’offerta che Tu realmente attendi; tu che di nient’altro ti sfami, ti disseti, ti compiaci se non del bene e della crescita dei tuoi figli e del mondo… Ricevi dunque benigno quest’ostia totale che lo stesso creato, da te voluto ed attratto, ti presenta all’alba di questo nuovo giorno, con un’unica impercepibile voce: «Signore, rendici uno!».
Anche se purtroppo sono privo, lo so, dello zelo e della sublime purezza dei santi, concedimi comunque di valorizzare quella solidale simpatia che ho, che mi hai data, nei confronti dei fratelli in umanità e per tutto ciò che freme sulla terra, per salire idealmente sulle più alte vette e da lassù. – in forza di quel sacerdozio che ancora tu mi hai conferito, – invocare sulla carne viva e dolorante della terra e dell’umanità, il fuoco dello Spirito e pronunciare, a Tuo nome, con le mie povere labbra, quella duplice ed efficace parola che mi hai voluto affidare, quella senza la quale tutto si smarrisce, per la quale invece tutto rivive: «Questo è il mio Corpo; questo è il mio Sangue!».
(Rilettura ed adattamento personali di un famoso testo di
TEILLHARD DE CHARDIN)