PER SENTIRCI UNITI IN QUESTA QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA
Gesù, luce del mondo, oggi guarisce il cieco nato mandandolo a lavarsi alla piscina di Siloe, simbolo del Battesimo. Anche noi, rinnovando questa stessa grazia, andiamo fiduciosi incontro al Signore che ci lava dai peccati e, come luce vera, apre anche i nostri occhi alla pienezza della verità.
Signore, che ci hai rigenerati nell’acqua e nello Spirito e ci hai permesso di specchiarci in te. Abbi pietà di noi Signore pietà
Cristo, che sempre ci invii il tuo Spirito a confermare ogni tua grazia. Abbi pietà di noi. Cristo pietà
Signore, che amandoci fino alla fine, ci fai parteci del tuo corpo e del tuo sangue. Abbi pietà di noi. Signore pietà.
“In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. (Giovanni 9, 1.6-9.13-17.34-38).
Dopo la donna samaritana di domenica scorsa, oggi la Parola ci pone davanti la figura altrettanto bella del cieco nato, del nato cieco. Egli è colui che con umiltà, dall’ultimo posto, senza mai essere chiamato per nome, tutto riceve ed accoglie docilmente; un’intera vita prostrato dall’handicap e alle dipendenze degli altri; un’intera esistenza ad elemosinare… E anche ora, con Gesù, sembrerebbe lo stesso: nessun merito per lui, nemmeno quello di essersi fatto avanti e di aver implorato aiuto. E’ stato Cristo infatti ad averlo scorto e ad averlo fatto oggetto di discussione con i discepoli per smentire quell’atavico pregiudizio che li portava a considerare le persone gravemente menomate come dei peccatori raggiunti dal castigo divino. E’ stato lui ancora, con un intervento brusco, sgradevole, ad impiastricciargli gli occhi con della fanghiglia e a mandarlo a lavarsi alla piscina di Siloe, e lui infine a cercarlo dopo la guarigione… In tutto questo, il cieco appare dunque come uno che docilmente si lascia fare, che tutto riceve. Eppure di suo; sì, di decisamente suo, anche lui ci mette tanto: ci mette il desiderio e la capacità di accogliere profondamente ogni cosa. Egli, con squisita sensibilità ed inusitato coraggio, resistendo, per questo, anche agli insulti e alle minacce dei potenti, ci mette la capacità di rielaborare e poi di testimoniare coraggiosamente tutto ciò che gli sta capitando; tutto ciò che andava ricevendo in quel giorno così unico, inatteso e speciale, che gli ha cambiato la vita, quello appunto dell’incontro con il Rabbi di Nazareth. In quel momento, proprio dalla semplice breccia di questo suo totale lasciarsi fare, di questa sua più piena disponibilità, ha potuto fare in lui irruzione, improvvisa ed esaltante, assieme alla luce della vista fisica, anche la luce spirituale della fede; tanto che allora ad essere guariti non sono stati soltanto gli occhi del suo corpo, ma addirittura gli occhi del suo spirito, così da dire:” Io credo, Signore; io credo in te e, d’ora in poi, potrò e vorrò tutto vedere alla tua luce, alla luce del tuo Vangelo…!”. Dopo esserci compiaciuti dunque per questo fratello, è bello pure spostare il nostro sguardo su Gesù. Egli qui ci appare come colui che sta passando accanto, che cioè sta percorrendo le strade degli uomini, le nostre strade, totalmente attento, pienamente immerso nella nostra vicenda, segnata, com’è, da fragilità, sofferenze ed emarginazioni. Egli, in questo, appare come il Figlio dell’uomo, cioè come il Messia atteso, che giungendo a noi è e definisce sé stesso: la luce del mondo, colui che, da allora in poi, sempre potrà essere visto e ascoltato dai fratelli, perché è lui che si fa loro incontro e volutamente dischiude i loro sensi. Sì, è lui che si pone ancora davanti a noi e parla con noi, e così la nostra persona è riscattata da ogni mortificante chiusura e può vedere e può rispondere alle chiamate della vita… Da sempre, giustamente, il miracolo del cieco nato è considerato il simbolo della grazia del Battesimo, vero lavacro di purificazione e di illuminazione, capace di liberare, in tutti coloro che lo ricevono e che lo accolgono, la possibilità di una vita ancor più piena; nella compagnia della Chiesa; una vita da figli della Luce; da testimoni pasquali del Cristo, splendore di bellezza e di verità. Lasciamoci allora annunciare da San Paolo:” Fratelli, un tempo voi eravate tenebra, ora invece siete luce, comportatevi dunque da figli della Luce…!”.
Rit. O luce radiosa, eterno splendore del Padre, Cristo, Signore immortale!
-Sei tu che rischiari, sei tu che riscaldi! Rit
-Sei tu che purifichi, sei tu che consoli! Rit.
-Sei tu che dai vita, sei tu che risusciti! Rit.