Fontanellato (PR), Santuario della Beata Vergine del Rosario, 10 aprile 2017
Dal vangelo secondo Giovanni (11,1-44)
Lazzaro di Betània, fratello di Maria e di Marta, era malato. Le sorelle mandarono a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù disse: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Profondamente commosso, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Parola del Signore
MEDITAZIONE:
Il morto davvero, il totalmente morto Lazzaro, è stato resuscitato da Gesù… La sua ben evidente presenza in vita, come e più di prima, lo sta a dimostrare. A Betania, a due passi da Gerusalemme, tutti conoscono lui e le sue sorelle e una notizia sensazionale come questa non può non correre, inarrestabile, di bocca in bocca. Forse Gesù aveva già compiuto qualcosa di simile anche in precedenza, ma se in tutti gli altri casi pareva possibile, chissà, un qualche margine di fraintendimento o di dubbio, come a dire:”Non avremo inteso bene!” – oppure – “Ci sarà stato sotto qualcosa!”- qui no; qui non è più possibile; questo appare davvero come un segno inequivocabile.
Proprio l’amico Lazzaro si è così ritrovato elemento chiave nel dossier Gesù; la prova inconfutabile della validità delle sue promesse e pretese messianiche. Ma, al tempo stesso, per la medesima ragione e naturalmente suo malgrado, la causa decisiva che porterà alla sua imminente cattura, alla sua condanna e alla sua uccisione. “Fermiamo quel Nazzareno, prima che sia troppo tardi!” – dicevano infatti i suoi nemici, proprio sulla scorta degli avvenimenti di Betania. Betania dunque il discrimine, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di tutte le ostilità covate e montanti contro Gesù.
Pur essendo così clamoroso ed eclatante, il miracolo della resuscitazione di Lazzaro non ha in sé alcun contenuto di facile ostentazione di potere; si è trattato, da parte di Gesù, di un’immensa risposta d’amore allo stupendo, irresistibile, intercessorio invito delle sorelle Marta e Maria:”Signore, colui che tu ami è malato!”, seguito poi, al momento dell’incontro, dall’altrettanto commovente e perfettamente parallela loro attestazione d’incondizionata stima, accompagnata però anche da una nota di rammarico e di velato rimprovero:“Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto“. Come a dire:”Con te presente, non saremmo, di certo, andate incontro a questa tremenda disgrazia, … ma tu però non c’eri”.
Gesù umilmente sottostà anche a questo rimprovero, in parte anche meritato (il mistero di quei due giorni d’attesa e dunque di ritardo prima di mettersi in viaggio!). E’ questo, da parte di Gesù, un miracolo di grande coinvolgimento emotivo, di grande umanità e di grande consapevolezza; qualcosa, peraltro, di cui lui aveva già scientemente e liberamente previsto e messo in conto l’altissimo prezzo. Questo riscatto da morte ha richiesto infatti il sacrificio di un ostaggio; è avvenuto secondo la modalità onerosissima della sostituzione di persona.
E Gesù ha preso il posto di Lazzaro. Sarà lui, fra poco, ad entrare nel sepolcro, perché l’amico invece ne possa venire fuori. Con Gesù si ribalta il famoso detto: “mors tua, vita mea”, che diventa “mors mea, vita tua”. Il fremito commosso di Gesù ed il suo pianto a dirotto, che tanto hanno colpito gli astanti, sono espressione, ad un tempo, del più grande degli amori possibili (“Vedi come lo amava!”), ma anche di un incontenibile turbamento: l’anticipo di quella che sarà l’agonia del Getzemani…, un pianto che è sudore di sangue. I discepoli, del resto, lo avevano intuito molto bene e, per questo, avevano tentato, in tutti i modi, di dissuaderlo dall’andare:”Maestro, se torni in Giudea ti uccideranno, lo sai, ci hanno già provato e te l’hanno giurata!”.
E quando hanno capito che non c’era niente da fare, dicono:” Andiamo anche noi a morire con lui!”: espressioni di drammatica consapevolezza che non ammettono equivoci. Noi oggi dobbiamo comprendere che quel che Gesù ha allora fatto per l’amico Lazzaro, lo continua ancora a fare, per tutti e per ciascuno. È questa infatti la natura e la portata vicaria del suo rapporto salvifico con l’umanità; è questo, dunque e ad esempio, il significato profondo di ogni Battesimo e di ogni Confessione che vengono celebrati; la realtà profonda che qualifica questi sacramenti e ogni sacramento e li rende così potentemente efficaci e necessari.
Anche lì infatti Gesù, ogni volta, prende il nostro posto e paga per noi. L’acqua del fonte battesimale in cui immergendoci si rinasce è, in realtà, la medesima scaturita dal costato squarciato del Cristo crocefisso; e le parole dell’assoluzione, nel Sacramento della Penitenza, sono le stesse di Gesù dalla croce: “Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno!”. Sì, derivano dalla medesima origine e fonte. Vedi come ci ama!” – dovremmo allora dire anche noi, commossi e gioiosi di fronte ad ogni nuovo Battesimo e quando ci accostiamo alla Confessione o comunque davanti ad ogni manifestazione della sua divina grazia. Sì: “Come ci ama e a quale prezzo!”, ma prima e sempre dovremmo, con doloroso rammarico, pure constatare:”Vedi com’è brutto il peccato!”. Si tratta di una vera e propria malattia mortale, di una paralisi dell’anima, della decomposizione stessa dello spirito; tanto più grave, quanto meno lo si avverte e maggiormente lo si sottovaluta.
Solo quando non ci si lascia schiacciare da un’irresponsabile presunzione o, al contrario, da una disperata rassegnazione, ma, sia pure dal profondo dell’abisso, si trova l’umile coraggio di innalzare il grido dell’invocazione:”Signore, colui che tu ami è malato!”, non disperando di essere ormai del tutto fuori tempo massimo (“…ma anche ora so che tutto quello che chiederai al Padre, egli te lo concederà”) allora, allora il Signore può, come sa e vuole, venire, sciogliere e donarci comunque il suo Spirito ed essere Pasqua anche per noi, cioè la vita; la nostra vita.
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